A cosa portano le malattie professionali?

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La tematica delle malattie professionali ciclicamente ritorna in discussione, nella maggior parte dei casi a seguito di una notizia di cronaca giudiziaria.

A cosa portano le malattie professionali? Ecco Emma, l’impiegata del futuro

Nonostante negli anni siano stati fatti moltissimi passi in avanti per la tutela della sicurezza dei lavoratori, restano ancora molte lacune specialmente per quanto riguarda le malattie.

Se infatti per gli incidenti sul lavoro sono state emanate delle norme che disciplinano nel dettaglio le procedure di sicurezza, i dispositivi da indossare e i requisiti dei macchinari e delle strutture, nel caso delle malattie questo non è avvenuto nello stesso modo.

Probabilmente ciò è da imputare al fatto che le malattie non hanno una manifestazione immediata, e spesso è difficile riconoscere esattamente l’origine e imputarne quindi la causa all’attività lavorativa.

Così, la malattia professionale è sempre oggetto di polemiche. Polemiche che sono tornate alla ribalta pochi giorni fa, quando è stata presentata Emma, l’impiegata del futuro.

Si tratta di un progetto molto interessante, che con il suo impatto visivo potrebbe fare la differenza nella salute e sicurezza sul lavoro.

Ma prima di presentarti Emma, capiamo qual è lo scopo di questo progetto.

Cosa sono le malattie da lavoro

Ogni attività lavorativa presenta dei rischi intrinsechi. In alcuni lavori sono minimi, in altri molto elevati. Questo dipende dall’attività svolta, dai materiali e dai macchinari da adoperare e da molti altri fattori.

Un operaio che lavora con una macchina da pressa, ad esempio, è sottoposto a dei rischi notevoli e ripetuti: ferite, escoriazioni o addirittura perdita delle dita o della mano.

Chi invece lavora con i prodotti chimici potrebbe andare incontro a un’intossicazione acuta o cronica. Chi lavora in ufficio ha dei rischi più limitati, ma può sviluppare un tunnel carpale, problemi alla vista e alla postura e molto altro.

Oltre ai rischi collegati all’attività lavorativa ci sono quelli che sono comuni a ogni tipologie di lavoro. Chiunque, infatti, può inciampare e rompersi un piede, in ufficio come in fabbrica o in negozio!

Come abbiamo detto, la salute sul luogo di lavoro è particolarmente tutelata nel caso degli infortuni, meno nelle malattie, che possono presentarsi anche molti anni dopo: basti pensare ai casi di tumori sviluppati in seguito all’esposizione all’amianto.

Tuttavia ci sono anche problematiche meno gravi, ma che con il tempo, se non risolte, possono accentuarsi tanto da portare a una vera e propria evoluzione (o sarebbe meglio dire involuzione) del corpo umano!

Harry, ti presento Emma

Ed eccoci arrivati alla nostra impiegata del futuro. Come è nata?

Tutto è cominciato quando l’azienda britannica Fellowes ha commissionato una ricerca chiamata Il collega di lavoro del futuro. Un team di esperti guidato dal futurista comportamentale William Higham ha sottoposto a un’indagine oltre 3000 lavoratori in Francia, Germania e Gran Bretagna.

Paesi nei quali le condizioni di lavoro sono molto simili all’Italia.

Il 50% dei lavoratori in UK ammette di soffrire già di stanchezza degli occhi, dolore alla schiena e mal di testa come risultato dell’ambiente di lavoro.

Riunendo tutti i dati raccolti dall’indagine William Higham ha costruito un prototipo che dovrebbe rappresentare un lavoratore in ufficio nel 2040.

2040, solo 20 anni da oggi!

L’impiegato del futuro

Emma riunisce diverse delle malattie professionali di cui già soffrono molti lavoratori d’ufficio. Guardiamola da vicino (attenzione, immagini forti!)

  • Partiamo dalle caviglie, gonfie e stanche
  • Salendo troviamo delle gambe piene di vene varicose
  • Il corpo è chiaramente in sovrappeso, se non in stato di obesità
  • La schiena è curva con cifosi avanzata
  • Il collo è proteso in avanti e completamente deformato

Ma forse la parte più spaventosa è proprio il viso!

  • La pelle è giallastra, gli occhi rossi e gonfi, l’espressione spenta. Emma soffre inoltre di eczema da stress.

Perché dovremmo ridurci così?

Tutto è da ricondurre fondamentalmente all’ambiente di lavoro, che non è salubre. Le molte ore passate solamente alla luce artificiale conferiscono il colorito giallastro. L’esposizione degli occhi a un computer per 8 ore di fila li rende rossi e gonfi, e nella maggior parte dei casi si sviluppa miopia, astigmatismo, presbitismo e altri problemi di vista.

Ma non basta: la deformazione più evidente è proprio quella della schiena, dovuta a una postura non corretta per tempi prolungati.

Forse in questo caso la responsabilità è da attribuire ai lavoratori stessi ma, nonostante le sedie ergonomiche, chi riesce a tenere la schiena dritta e la testa alta per 8 ore?

La posizione, inoltre, accentua anche i problemi di circolazione: da qui le gambe gonfie e le vene varicose.

E attenzione, non si tratta di disturbi temporanei: avremmo davvero la gobba!

Del resto, è la teoria dell’evoluzione a sostenere che il nostro organismo si adatta per stare al passo con i cambiamenti: nel corso degli anni abbiamo perso la coda, i peli, e si stima che nei prossimi anni perderemo appendice, dente del giudizio, la pelle d’oca.

Cosa possiamo fare per fermarlo?

Molti dicono che il nostro corpo è una macchina perfetta, ma la natura non aveva fatto i conti con il lavoro d’ufficio, che è tutto fuorché naturale.

Cosa possiamo fare quindi per fermare quest’avanzata ed evitare la maggior parte delle malattie professionali?

  • Assumi una posizione corretta quando sei al computer. Può essere difficile farlo per 8 ore consecutive, ma quando sei seduto cerca di far aderire la schiena allo schienale (se non hai una sedia ergonomica richiedila, è un tuo diritto)
  • Riposa gli occhi. I lavori che si svolgono al computer prevedono una pausa di almeno 5 minuti ogni due ore. Puoi approfittarne per un caffè o per fare una telefonata.
  • Sgranchisciti le gambe. Proprio come per gli occhi, ogni tanto è necessaria una pausa dalla posizione seduta. Alzati e fai due passi, magari vai a trovare un collega in un altro ufficio!
  • Richiedi l’adeguamento del tuo ambiente di lavoro. Se le condizioni in cui lavori non sono ottimali (poca o zero luce naturale, sedie scomode, PC posizionati male) hai tutto il diritto di chiedere dei cambiamenti. Né tu né il datore di lavoro volete correre il rischio di una malattia professionale.

Conosceremo mai davvero Emma? Non lo sappiamo. Sappiamo però che questo esperimento  è un inquietante allarme sociale,  che dovrebbe far riflettere sulle condizioni di lavoro in Italia e in tutto il mondo.

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