Quali sono i diritti mamma lavoratrice? Pochi, penseranno in molte. Dovrebbero essere garantiti, suggerirebbero altre.
La verità è la nostra legislazione è una delle più avanzate in materia di tutela delle lavoratrici donne. Le donne che lavorano hanno infatti una serie di tutele che partono dall’assunzione stessa, con le pari opportunità, e passano per il momento della gravidanza e del parto, arrivando alla maternità.
Ma cosa succede quando questo periodo si conclude e i figli cominciano a crescere? Diventano forse meno impegnativi?
Diritti mamma lavoratrice: come conciliare lavoro e figli nella vita quotidiana
Supereroine, equilibriste, assennate, organizzate, metodiche: chiamatele come volete, ma le mamme che lavorano hanno sicuramente una marcia in più. Non si tratta di pensiero laterale o qualche dote sensoriale nascosta, ma semplicemente di un’incredibile capacità di organizzazione, che può essere appresa solo quando si hanno dei figli da gestire.
Qualche mese fa abbiamo parlato dei diritti e doveri della maternità. È sicuramente un argomento interessante per moltissime donne che lavorano, che spesso sono spaventate dalla novità e cercano di prepararsi al meglio per questo importante momento.
Ma, una volta che il bambino è nato, pian piano si comincia a rendersi conto che, prima o poi, il momento di tornare al lavoro arriverà, anche se sembra impossibile.
Quali sono i diritti mamma lavoratrice
Cominciamo subito col dire che non esistono delle misure che tutelino le mamme in carriera durante tutto il corso della loro vita lavorativa.
In pratica, una volta che il bambino ha raggiunto una certa età, non esistono privilegi o altre misure di sorta per le mamme che lavorano, che sono quindi equiparate agli uomini.
Questa parità dei sessi non tiene conto del fatto che, nella maggior parte dei casi, sono le madri a sobbarcarsi la maggior parte del lavoro che comporta la crescita di un figlio. Così, la mamma in carriera deve lavorare comunque 8 ore al giorno, ma deve contemporaneamente prendere il bimbo a scuola, fargli fare i compiti e accompagnarlo alle diverse attività ricreative: e questo vale tanto per una mamma manager che per una operaia.
La questione del come conciliare lavoro e figli non va quindi scemando con la crescita del bambino, anzi: finché questo non raggiunge almeno la maggiore età, spesso il tempo che porta via un figlio non diminuisce negli anni.
Ciò detto, esistono dei diritti mamma lavoratrice che si concentrano soprattutto nei primi anni di vita del bambino, anche se c’è un minimo margine di discrezionalità nell’uso che se ne fa.
Il Testo Unico
A disciplinare nel dettaglio la materia è il Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità (D.Lgs. 151/2001)
Fatto salvo il divieto di effettuare dei lavori gravosi, che dura per tutta la gravidanza e per la maternità obbligatoria, esistono alcuni diritti che si estendono anche per il primo anno di vita del bambino.
Tra questi rientra il divieto di licenziamento.
Divieto di licenziamento
Quante volte si sono sentite storie di donne che, non appena comunicata la loro gravidanza, si sono viste dare il benservito? Fortunatamente grazie al testo unico questo non è più possibile.
Si tratta, tra l’altro, di una conquista abbastanza recente, dato che la legge risale al 2001.
In paesi come l’Inghilterra o gli Stati Uniti non esistono norme di questo genere: il lavoro viene visto come un privilegio che può essere revocato in qualunque momento. D’altra parte, le mamme che lavorano in quei paesi non hanno certo difficoltà a trovare un altro impiego in poco tempo, al contrario di quello che succede in Italia.
Il rientro al lavoro
Un altro dei diritti mamma lavoratrice riguarda il momento del rientro al lavoro dopo la maternità, obbligatoria o facoltativa che sia. Le mamme lavoratrici, infatti, al momento del rientro al lavoro devono riprendere quella che era la loro mansione prima del congedo.
In teoria sembra semplice, ma in pratica le cose sono più complesse. Un’assenza prolungata di 5, 6 mesi o più comporta la necessità di ridistribuire il carico di lavoro mancante tra gli altri dipendenti o di assumere una persona in sua sostituzione.
Ciò significa che sarà inevitabilmente necessario un periodo di adattamento, durante il quale la mamma lavoratrice deve riprendere il ritmo.
Ma se ciò non avviene? La mamma in carriera può rivolgersi al giudice di pace, che accerterà il demansionamento. Viene quindi erogato un risarcimento e la donna viene reintegrata al suo posto. Se ciò non è possibile, le viene affidata un’altra mansione ugualmente compatibile con la sua professionalità.
Maternità facoltativa e allattamento
Tra i diritti mamma lavoratrice rientra anche il periodo di maternità facoltativa e di allattamento.
Come sappiamo, la maternità obbligatoria riguarda i primi mesi di vita del bambino (3, 4 o 5 a seconda di quando ci si è congedati dal lavoro) e prevede uno stipendio pari all’80%.
La maternità facoltativa è invece usufruibile anche “a pezzetti”, e ricopre una durata massima di 6/7 mesi, che diventano 10 nel caso in cui ci sia un solo genitore, così divisa:
- Fino al 6° anno di vita del bambino retribuzione pari al 30%;
- Dal 6° all’8° ano la retribuzione, sempre del 30%, è prevista solo se si rientra nei requisiti di reddito;
- Dall’8° al 12° anno del bambino non è prevista alcuna retribuzione.
Come conciliare lavoro e figli
Per quanto gradite, queste misure possono comunque ben poco per aiutare a gestire il proprio tempo e per capire come conciliare lavoro e figli.
In quest’ottica, un decreto legislativo del 2015 ha introdotto nuove disposizioni. Tra queste la possibilità di usufruire del congedo richiedendo permessi di singole giornate o addirittura di singole ore.
Inoltre, la mamma lavoratrice può scegliere le modalità di fruizione dell’allattamento, dividendole in una o due ore al giorno o invece condensandole in un’unica giornata.
Ma, al di là della legge, esistono dei trucchi per conciliare lavoro e figli?
Purtroppo non esiste un segreto da rivelare, perché ogni donna è un caso a sé.
Nel 2016, secondo i dati dell’ispettorato del lavoro, su 10 lavoratrici a dare le dimissioni 8 erano mamme. E la motivazione era sempre la stessa: l’impossibilità di conciliare i due aspetti, di fare entrambe le cose.
Magari a volte si tratta di una questione economica. Baby sitter e asili nido costano spesso quanto un mutuo, e purtroppo non tutti hanno i nonni pronti a intervenire.
In altri casi, invece, è la stanchezza mentale e fisica a prevalere, e la sensazione di non riuscire a fare abbastanza.
Come abbiamo detto, non c’è un segreto per riuscire a fare tutto, perché fare tutto è semplicemente impossibile!
La palla quindi passa a voi: ogni donna deve poter essere in grado di definire le proprie priorità, senza essere giudicata. Chi decide di abbandonare la carriera per seguire la propria famiglia non è meno meritevole di chi preferisce ricorrere a un aiuto esterno e proseguire a lavorare, e viceversa.
Sta a voi quindi valutare la situazione e decidere della vostra vita, professionale e personale.