Si sente tanto parlare di riforma del lavoro in questi giorni. L’argomento è sempre scottante,ma le recentissime dichiarazioni del ministro Di Maio hanno riportato alla ribalta questa discussione con il suo nuovo progetto di governo.
Oggi, quindi, non voglio fornirti consigli, ma spiegarti quello che sta succedendo nel mondo del lavoro.
Riforma del lavoro. Il decreto dignità di Di Maio cambia le carte in tavola
3 giorni fa il Decreto dignità, la nuova riforma del lavoro firmata Di Maio, è stato approvato dal Consiglio dei Ministri. Con questa legge Luigi Di Maio, Ministro dello sviluppo economico e del lavoro, ha voluto porre un punto fermo sulla volontà del governo di tutelare maggiormente i lavoratori.
Se l’obiettivo verrà raggiunto è ancora presto per dirlo. Scopriamo però quali sono le misure intraprese e come queste dovrebbero apportare un cambiamento significativo.
Gli obiettivi
Di Maio è stato chiaro: lo scopo di questa riforma del lavoro, che lui stesso ha battezzato Decreto Dignità, è combattere la precarietà sul lavoro, incentivare le offerte di lavoro a tempo indeterminato e abbassare il costo del lavoro.
Obiettivi ambiziosi, che dovrebbero però essere raggiunti in poco tempo secondo lo stesso governo.
Questa riforma del lavoro sembra essere tutta figlia del M5S, tanto che la Lega, pur approvandola, ne ha criticato alcuni punti.
Quel che è certo è che viene posto un forte limite al ricorso al contratto al tempo determinato.
I punti
Quello più importante sembra riguardare il numero di rinnovi del contratto a tempo determinato, che da 5 passa a 4. Anche i mesi totali di questo contratto diminuiscono, passando da 36 a 24. A ogni rinnovo, inoltre, il costo contributivo crescerà dello 0,5%. Questo dovrebbe spingere le aziende a passare più facilmente al contratto a tempo indeterminato, a scapito di altre tipologie come anche l’apprendistato.
Questa maggiorazione contributiva sarà esclusivamente a carico del datore di lavoro, e i fondi ricavati saranno impiegati per rimpolpare le casse della Naspi (il vecchio sussidio di disoccupazione).
Inoltre, l’indennità per i lavoratori licenziati ingiustamente passa da 24 a 36 mesi.
Il decreto lavoro si allontana quindi decisamente dallo Jobs Act renziano, anche e soprattutto per le causali. Queste ultime tornano infatti come elemento obbligatorio di un licenziamento per contratti superiori a 12 mesi o dopo il terzo rinnovo.
Le tipologie di causali previste sono 3:
- Esigenze temporanee e oggettive;
- Connesse a incrementi temporanei e non programmabili;
- Relative a picchi di attività stagionali.
I lavoratori insoddisfatti
Si è parlato molto anche di due categorie ultimamente sotto i riflettori: gli insegnanti e i rider.
Il 20 dicembre 2017 era stata emanata una legge che prevedeva il licenziamento degli insegnanti in possesso del solo diploma magistrale. Il Decreto Dignità si è limitato a posticipare il licenziamento di 120 giorni, in attesa di trovare una soluzione all’empasse.
Anche i rider non hanno avuto molta fortuna: è stato ottenuto semplicemente un’ulteriore consultazione con i rappresentanti di categoria, con lo scopo di fissare un compenso minimo, l’iscrizione all’Inail e all’Inps e l’eliminazione del punteggio di reputazione.
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Per le aziende
Non sono solo i lavoratori a essere interessati dalla riforma del lavoro Decreto Dignità. Sono stati infatti introdotti diverse misure che mirano a un cambio di rotta anche per la condotta delle imprese e, di conseguenza, dei datori di lavoro.
È stato infatti deciso che le aziende che hanno ricevuto aiuti dallo Stato non possono per 5 anni delocalizzare le attività. Se ciò accadesse, la sanzione sarebbe pari da 2 a 4 volte gli aiuti ricevuti, con un interesse maggiorato del 4%.
La misura mira chiaramente a impedire la fuga all’estero, e a incentivare l’utilizzo delle risorse locali. Tuttavia resta dubbio il suo campo di applicazione, in quanto ci si chiede se nella definizione di “estero” sia inclusa l’Unione Europea, che pur ha dei rapporti diversi con l’Italia rispetto al resto del mondo.
È stato inoltre introdotta una misura relativa al gioco d’azzardo.
Nell’ottica del contrasto al fenomeno della ludopatia, viene vietata dall’entrata in vigore della riforma del lavoro qualsiasi tipo di pubblicità relativa al gioco d’azzardo, su qualunque mezzo e con qualunque modalità (inclusa la citazione e il product placement).
Fanno eccezione i giochi a estrazione in differita come la Lotteria Italia e quelli con il logo di sensibilizzazione dell’Agenzia delle dogane e dei monopoli.
Le sanzioni previste ammontano al 5% del valore, ma con una soglia minima di 50mila euro. Nel caso in cui la pubblicità avvenga all’interno di spettacoli dedicati ai minori, le sanzioni vanno da 100mila a 500mila euro.
I ricavati saranno destinati al fondo per la lotta alla ludopatia.
Qui trovi il testo integrale del decreto
Cosa cambia
Lo scopo di questi interventi sembra chiaro: favorire l’occupazione in generale e, nello specifico, dei contratti di lavoro che tutelino maggiormente i lavoratori, sia dal punto di vista pensionistico che da quello del termine del contratto.
Ciò non significa che i contratti di tirocinio e di apprendistato andranno a morire: semplicemente, non dovrebbero più, nell’idea di questa riforma del lavoro, servire come escamotage per evitare di procedere con contratti a tempo indeterminato.
Restano invece un ottimo mezzo per iniziare un percorso lavorativo con una nuova risorsa, poiché consentono di offrire tutte le tutele del caso al lavoratore sgravandolo però dalla maggior parte delle responsabilità.
Se queste misure riusciranno nell’obiettivo è tutto da vedere. Di sicuro, però, si tratta di un passo avanti rispetto alla situazione attuale, caratterizzata da una forte incertezza regnante soprattutto tra i giovani.
Questi ultimi, infatti, risentono fortemente della situazione economica stagnante. Dopo anni di studi e specializzazioni, faticano a trovare una prima occupazione a causa di quella che mi piace chiamare spirale età/esperienza, riassumibile nella scritta trovata fuori troppe attività: cercasi apprendista con esperienza.
In pratica, si cercano persone giovani (e che quindi, in teoria, non dovrebbero avere maturato esperienza) ma anche con un significativo bagaglio lavorativo. Un controsenso dovuto, a mio parere, all’altissima offerta che non trova corrispondenza nella domanda.
Non resta dunque che sperare in una svolta, per offrire ai giovani la possibilità di cominciare a ottenere indipendenza e a costruire la loro vita il più presto possibile.
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